lunedì 17 luglio scatta in extremis il primo appuntamento tra il fisco e Airbnb (e tutti gli altri portali che si occupano di affitti brevi): la manovra correttiva ha infatti introdotto l’obbligo per i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare di comunicare al fisco i dati sui contratti e trattenere una somma pari al 21% se intervengono nel pagamento o incassano i corrispettivi.

Entro il 17 luglio andranno quindi versate le imposte relative agli affitti a partire dal 1° giugno: si tratta di una tassazione “secca” del 21% che viene trattenuta direttamente dagli intermediari, i quali a loro volta devono “girare” gli importi alle Entrate.

Airbnb e le altre società che offrono il servizio di intermediazione immobiliare per le locazioni non superiori a 30 giorni devono, da questo mese, farsi carico di trasmettere al fisco i dati relativi ai contratti conclusi. In particolare, devono comunicare il nome, cognome e codice fiscale del locatore, la durata del contratto, l’importo del corrispettivo lordo e l’indirizzo dell’immobile. La predisposizione e la trasmissione dei dati deve avvenire attraverso i canali telematici dell’Agenzia.

Secondo quanto previsto dalla manovra correttiva 2017, ai redditi che derivano da questi contratti, stipulati dal 1° giugno 2017, si applicano in via opzionale le disposizioni relative al regime della cedolare secca con l’aliquota del 21% sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali sui redditi derivanti dalla locazione. La ritenuta va versata entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è effettuata. Per il versamento va utilizzato il codice tributo “1919” denominato “Ritenuta operata all’atto del pagamento al beneficiario di canoni o corrispettivi, relativi ai contratti di locazione breve – articolo 4, comma 5, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50”.

La tassazione in questione ha pertanto natura opzionale, ossia i soggetti che alla data odierna sono dotati di partita iva e quindi naturalmente versano le imposte connesse con tale locazione temporanea sono evidentemente esonerati da tale obbligo. Il primo spunto di riflessione riguarda la modalità con cui i sostituti di imposta, che nel caso di specie sono gli intermediari ossia i soggetti che consentono di pubblicizzare le locazioni immobiliari come Airbnb, possano sapere a chi applicare tale imposta sostitutiva. Infatti non necessariamente i soggetti hanno riportato tali dati all’atto della sottoscrizione del contratto oppure potrebbero averla aperta oppure chiusa in un momento successivo alla registrazione.

La seconda considerazione in tale ambito è l’indiscutibile vantaggio fiscale che OGGI si ha con l’apertura della partita iva. Infatti l’aliquota fissa del 21% sulla locazione giornaliera è in di gran lunga superiore rispetto a quella praticata  nei normali regimi fiscali. E non sto parlando esclusivamente dei regimi semplificati o forfettari, per i quali il vantaggio fiscale è evidente solo facendo un confronto tra aliquote di imposta, ma parlo anche di un confronto tra la tassazione tra contabilità semplificata e la introdotta imposta sostitutiva. Ovviamente gestire una partita iva ha un costo e degli incombenti prima non presenti, ma in ogni caso consente all’esercente di stare tranquillo in molte situazioni di gestione aziendale che senza partita iva  oserei definire borderline.